#RacingFuels – Punto d’incontro

20/01/2018

Nel corso del viaggio di #RacingFuels abbiamo già incontrato la Lola Racing Cars. La casa britannica, specializzata nella progettazione e costruzione di prototipi da corsa, ci fornisce nella puntata odierna un punto d’aggancio tra diversi carburanti/propulsori: benzina, etanolo ed elettrico. Tutto questo grazie all’input di Lord Drayson. Vediamo nel dettaglio questa storia!

Tutto cominciò nel 2007, quando Lord Paul Drayson lasciò il suo incarico governativo al Ministero per la Difesa britannico con lo scopo di dimostrare la possibilità di un Motorsport ecosostenibile. La prima creatura data alla luce dalla Drayson Racing Technologies fu una Aston Martin GT2: alimentata da bioetanolo di seconda generazione, gareggiò nell’American Le Mans Series e alla 24 Ore di Le Mans del 2009.

Fu però dall’unione con Lola che nacquero i progetti più interessanti, innanzitutto la Lola-Drayson B09/60. Realizzata per sottostare al regolamento Lmp1 in vigore per la 24 Ore di Le Mans, questo prototipo fu tra i primi ad adottare l’abitacolo chiuso fra i team privati.
Il telaio monoscocca ed il crash box erano in fibra di carbonio, con corpo vettura da 4.634 x 1.990x 2.890 mm.
Le sospensioni seguivano lo schema push-rod sia all’anteriore che al posteriore, con l’adozione di molle comandate attraverso rocker.
La trasmissione era affidata ad un cambio sequenziale X-track a 6 marce con comandi al volante. Freni con pinze AP Racing a 4 pistoncini, dischi in carbonio ventilati e ruote da 18 pollici di diametro gommate Michelin completavano la vettura, per un peso complessivo di circa 900 kg.

La parte culminante era il propulsore: si trattava di un Judd GV 5.5, un 10 cilindri aspirato a V di 72°, con 4 valvole per cilindro e doppio asse a camme in testa, per un peso di 135 kg. La sua potenza massima erogata era di oltre 650 CV a 7000 rpm. Tale motore fu progettato per essere molto flessibile e quindi alimentabile sia attraverso classica benzina da gara che da bioetanolo E85 (85% bioetanolo e 15% benzina) di seconda generazione.
Lord Drayson partecipò con questa vettura alla 24 Ore di Le Mans del 2010 e vinse la gara di Road America nell’ALMS dello stesso anno.

Partendo dalla stessa base meccanica, incrementando il peso solo di un quintale (1.085 kg complessivi), fu poi progettata una vettura completamente elettrica, la Lola-Drayson B12/69EV. La Drayson Racing Technologies sviluppò propulsori Oxford YASA a flusso assiale capaci di sviluppare 160 kW (circa 218 CV): la B12/69EV ne possedeva addirittura 4 per totale di 640 kW (oltre 850 CV). Trasmessa alle ruote posteriori tramite un cambio a singolo rapporto, questa potenza ha permesso alla vettura di stabilire il nuovo record di velocità per veicoli elettrici, con una velocità massima raggiunta di 328,604 km/h (ovvero 204,185 mph). Anche lo spunto è notevole, con il tempo per passare da 0 a 60 mph (96,56 km/h) fissato in 3 s e da 0 a 100 mph (160,93 km/h) in 5,1 s.

Il design dell’auto era incentrato sull’ottimizzazione delle prestazioni nelle qualifiche e in corse brevi. Le prestazioni in termini di durata nelle auto elettriche infatti non andavano, e non vanno tuttora, di pari passo con le strabilianti prestazioni velocistiche. Le batterie di nuova generazione al litio nanofosfato, prodotte esclusivamente dalla A123 Systems e utilizzate per la prima volta sulla B12/69EV, avevano infatti una durata di soli 15 minuti circa in modalità gara.
La ricarica avveniva tramite un sistema di induzione wireless Qualcomm HaloIPT, in cui le bobine posizionate sul fondo del veicolo iniziano ad alimentare le batterie una volta posizionata la vettura sopra le piastre di ricarica poste ai box. I problemi di sicurezza sono stati fondamentali per il processo di progettazione, con il team che ha garantito lo scaricarsi delle batterie all’impatto e l’eliminazione dei rischi di incendio. Le batterie e i motori elettrici erano situati dietro il pilota, insieme agli inverter di potenza e al sistema di raffreddamento.

Altre caratteristiche peculiari del modello erano: un singolo riduttore che collegava i motori elettrici agli alberi di trasmissione, sistemi di controllo elettronici forniti da Cosworth, ammortizzatori elettrici Multimatic e nuove caratteristiche aerodinamiche attive sviluppate da Lola in collaborazione con BAE Systems (quest’ultima anche responsabile dello sviluppo della struttura composita della batteria).
Due innovazioni su tutte però evidenziavano lo scopo di Lord Drayson di coniugare l’automobilismo sportivo con l’ambiente: la nuova fibra di carbonio riciclata sviluppata internamente da Lola e i pannelli di carrozzeria riciclabili del gruppo Warwick Manufacturing Group.

Da qui ripartiremo nel prossimo appuntamento con #RacingFuels. Abbiamo infatti introdotto l’uso del bioetanolo nelle competizioni: quali altre vetture hanno scelto questa opzione? Continua a seguirci per scoprirlo!
Qui sotto puoi invece gustarti la galleria di immagini della Lola-Drayson B12/69EV.
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– la Squadra Storie SCL