#RacingFuels – Le auto da record

05/08/2017

Rieccoci ad un nuovo appuntamento con #RacingFuels e l’avvincente storia dei carburanti alternativi alla benzina nelle competizioni.
Come abbiamo visto nella scorsa puntata, gli anni ’50 hanno visto i propulsori diesel impegnati in gare prestigiose. I risultati sono stati altalenanti, ma di sicuro l’impatto sul pubblico è stato notevole, come dimostrano le vendite della Mercedes-Benz 180D. Le case automobilistiche, complice il prezzo crescente della benzina che culminerà con la crisi petrolifera degli anni ’70, vedono quindi la possibilità di commercializzare auto a gasolio sfruttando i loro ridotti consumi.
Oltre alla gare, quale altro mezzo pubblicitario può diffondere questa idea nei consumatori se non record di consumi e prestazioni? Ecco quindi una sempre maggiore e serrata competizione fra marchi, con lo scopo di stabilire la propria superiorità tecnica. Cominciamo!

Già ad inizio secolo Peugeot si era cimentata in prove alla stampa sulla bontà dei propri motori diesel. Negli anni ’60, quando la sua leadership nel campo era ormai un dato di fatto, la casa francese porta questi test all’estremo, non più utilizzando auto di serie ma con vetture talmente ottimizzate da sembrare prototipi: così facendo poté dimostrare i limiti più estremi della tecnologia e al contempo compiere anche qualche passo in avanti tramite uno studio mirato.
Nasce quindi la Peugeot 404 Diesel: derivata dalla versione cabriolet della 404 normalmente in vendita, viene modificata dalle officine La Garanne in modo da avere un solo posto, riservato al pilota, carenato da un parabrezza molto inclinato e da un tettuccio spiovente, così da avere la massima penetrazione aerodinamica. Il corpo vettura, lungo 4500 mm e largo 1620 mm, viene poi dotato di altre accortezze, quali fari supplementari, incorporati nel frontale, un cofano senza cerniere perfettamente liscio e un tappo del serbatoio di tipo corsaiolo.
Scese in pista una prima volta sul circuito di Montlhery il 4 Giugno 1965 con un motore da 2.163 cc: con 5 piloti susseguitisi al volante, percorse 5.000 km in poco meno di 31 ore mantenendo una velocità di 160 km/h. Grazie a questa prestazione furono ben 22 i record di classe E che la vettura francese si portò a casa.
Non ancora soddisfatti, i tecnici Peugeot montarono sulla 404 un nuovo motore, un Indenor XD88 da 1.948 cc di cilindrata e 68 CV di potenza. Con questa nuova configurazione, la vettura iniziò a girare l’11 Giugno 1965, sempre sul circuito di Montlhery, riuscendo a coprire 11.000 km in 72 ore a 161,49 km/h di media. Altri 18 record di classe D vennero stabiliti, consegnando la 404 Diesel alla storia e al meritato riposo al Musée de l’Aventure Peugeot di Sochaux, dove ancora oggi è conservata.

Qualche anno dopo anche Opel produsse il suo prototipo: partendo dalla sportiva GT, i tecnici di Rüsselsheim lavorarono sulla riduzione di peso e sull’aerodinamica. Molte soluzioni adottate dai francesi anni prima furono riprese e sviluppate, trasformando così la coupè di ispirazione Corvette in una monoposto dalle forme simili alla 404. Equipaggiata dal propulsore a gasolio della Rekord, il 4 cilindri da 2.068 cc venne potenziato tramite un compressore che portò i cavalli erogati da 60 a 95. Con queste credenziali prese quindi vita la Opel GT Diesel Rekordwagen.
Il 1° Giugno 1972 un corposo team composto da Marie-Claude Beaumont, Henri Greder, Paul Frère, Jochen Springer, Giorgio Pianta e Sylvia Österberg partì sul circuito privato Opel di Dudenhofen. In poco più di 52 ore percorsero 10.000 km ad una velocità media di 190,88 km/h, oltre ad ottenere una punta di 197,5 km/h sul chilometro da fermo: questo permise di stabilire 18 primati per la classe dai 2 l ai 3 l di cubatura.

Una delle case che con Peugeot è stata pioniera nello sviluppo dei motori a gasolio, ovvero la Mercedes-Benz, non stette di certo a guardare. Verso la fine del decennio la casa della stella aveva preparato un prototipo con cui effettuare vari studi su motori sperimentali, come il Wankel: si tratta della C111-III, che si può tranquillamente definire un’auto da drag race.
Un passo lungo (2.720 mm), la larghezza contenuta (1.260 mm all’anteriore e 1.320 mm al posteriore) e ruote carenate sono solo alcune delle accortezze che il capo progetto  Prof. Hans Scherenberg adottò per permettere una facile e veloce percorrenza in linea retta senza interferenze dalle correnti laterali. Tutto ciò portò ad un Cx di 0,183. Anche all’interno tutto era ottimizzato: l’abitacolo monoposto presentava una sofisticata telemetria appositamente progettata, oltre naturalmente da un impianto per la comunicazione radio tra pilota e tecnici. Caratteristico era un largo condotto per portare aria dalle prese d’aria all’anteriore all’intercooler posto al retrotreno. Il motore era infatti turbo, per la precisione un 5 cilindri in linea OM 617A da 2.999 cc che grazie a sovralimentazione e turbo Garret sviluppava 230 CV tra 4.200 giri/min e 4.600 giri/min. Il cambio era un manuale a 5 marce dai rapporti molto lunghi.
Il 30 Aprile 1978 la vettura iniziò il suo test sul famoso circuito ovale di Nardò. La prova non fu esente da inconvenienti: il primo, alquanto curioso, vide protagonista un porcospino che fu celermente tolto dalla pista poco prima del transito della C111-III; il secondo, ben più pericoloso, fu lo scoppio dello pneumatico posteriore destro durante la notte. Questo portò al ferimento del pilota e a corposi danni alla carrozzeria, tanto da costringere a passare alla vettura di riserva, completamente uguale, oltre ad azzerare gli orologi e a ricominciare da capo il tentativo di record. La vettura di riserva si dimostrò anche più performante di quella originale, riuscendo a migliorarne le prestazioni, sia di consumo che di velocità, ottenute prima dell’incidente. Ancora una volta un porcospino si intromise, ma fu meno fortunato del suo predecessore e colpì l’auto danneggiando lo spoiler anteriore. Fortunatamente per il team, la riparazione richiedette il tempo di un pit stop per rifornimento e cambio pilota, non incidendo sul test.
Dopo 12 ore di sessione, 9 record di classe furono stabiliti: notevoli il consumo di soli 16 l / 100 km e la velocità media 316 km/h e una massima di 322 km/h.

Due anni più tardi, nel 1980, un’altra casa tedesca batté questa già impressionante velocità: la Volkswagen progettò e produsse il suo prototipo, la ARVW (Aerodynamic Research Volkswagen).
L’aerodinamica era spinta all’estremo, essendo lo scopo principale dei tecnici di Wolfsburg quello di studiare il consumo di carburante ad alte velocità. Innovativo il corpo vettura in alluminio e materiali compositi. Il motore diesel 6 cilindri da 2.4 l derivava da un camion e dopo le necessarie modifiche erogava 175 CV.
Nel 1980, sempre a Nardò, la vettura tedesca ottenne la velocità massima record di 362,07 km/h.

Se i prototipi macinavano record stratosferici, anche le auto stradali del tempo non erano da meno. La crisi petrolifera del 1979 spinse anche Alfa Romeo, fin lì tradizionalista, ad adottare motori diesel sviluppati da un’altra azienda italiana, la VM Motori.
Nel 1982, ancora una volta sul circuito di Nardò, un’Alfetta TD e una Giulietta TD, equipaggiate con un turbodiesel di 2000 cc, stabilirono 7 record mondiali di velocità sulle distanze di 5/10/25/50 mila km e 5/10/25 mila miglia.

Abbiamo quindi visto come le auto, prototipi o di serie, abbiamo raggiunto ormai prestazioni interessanti sia per le gare che per gli automobilisti. L’evoluzione del diesel però passerà, nel corso degli anni ’80, attraverso mezzi di trasporto più grandi e pesanti. Ma prima Peugeot avrà ancora qualcosa da dire nei rally mondiali… L’appuntamento è sempre qui a #RacingFuels, solo su Sports Car Legends!
Qui sotto gustati la galleria di immagini sulle auto da record.
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