#RacingFuels – La “tedesca di Barcellona” dominatrice del WTCC

21/10/2017

Nel 2007 l’accoppiata motore a gasolio – prototipi era ormai assodata e sinonimo di vittoria nei campionati endurance. Ma per quanto riguarda le gare delle auto derivate dalla serie? L’ultimo esempio era stato quello della BMW 320d E36 nel 1998, ma sempre dalla Germania, passando per la catalogna, giunse il successivo capitolo della storia. Oggi qui a #RacingFuels vi racconteremo della SEAT Leon TDI, che scosse il WTCC a tal punto da spingere a cambiarne il regolamento.

Il Gruppo VAG aveva ormai messo i diesel al centro del proprio universo dopo le prestigiose e storiche imprese dell’Audi R10 TDI. Una delle numerose case automobilistiche controllate, la spagnola SEAT, gareggiava in quegli anni nel Campionato Mondiale Turismo (WTCC) con la 2^ generazione della berlina Leon. Fu proprio la compatta catalana ad essere scelta per sperimentare il propulsore a gasolio in competizioni turismo, oltre a promuovere la sigla TDI con una vettura che trovava nei concessionari la sua diretta controparte.
Il progetto non nacque da zero, siccome dal 2006 SEAT Sport gareggiava nel WTCC con la versione a benzina della Leon, per cui la base telaistica e meccanica venne solamente adattata. Il cuore e novità è perciò stato il 2.0 TDI, preso dalla normale produzione di serie e opportunamente modificato dai tecnici di Martorell. Leggendo la scheda tecnica non saltano all’occhio spiccate differenze rispetto all’unità stradale: 1998 cc di cilindrata, 4 cilindri in linea con 16 valvole, doppio albero a camme in testa. Persino alesaggio e corsa rimasero immutate, rispettivamente 81×95,5 mm. A trasformare questa berlina familiare in un’auto da corsa non furono infatti accorgimenti al blocco motore a alla testa del cilindro, ci pensarono invece il nuovo turbocompressore e la diversa scatola del cambio, oltre alla parte frontale che alloggiava l’intercooler più grande e nuove prese d’aria. Ecco quindi che, montato il filtro antiparticolato DOW Automotive, il 2.0 TDI arrivava a sfoderare 280 CV a 4.000 giri/min e 450 Nm di coppia a 2.500 giri/min.
Tale propulsore era poi accoppiato a un cambio Hewland sequenziale a 6 velocità con frizione a doppio disco.
La trazione anteriore contava su un differenziale autobloccante meccanico per scaricare a terra quanta più possibile della potenza generata, oltre ad aiutare nelle curve impostate con lo sterzo a cremagliera servoassistito.
Le appendici aerodinamiche, applicate al telaio irrigidito e dotato di roll cage, rendevano la vettura lunga 4.330 mm e larga 1.849 mm, con un passo di 2.600 mm.
Le sospensioni rispecchiavano lo schema già visto sulla Leon di serie, quindi McPherson all’anteriore e multilink al posteriore con tarature specifiche, ovviamente più basse, irrigidite e camber ottimizzato.
Il sistema frenante era composto da un doppio circuito idraulico, con davanti dischi autoventilanti di diametro 332 mm e pinze a 4 pistoncini, mentre dietro dischi pieni di diametro 280 mm e pinze a 2 pistoncini.
Tutto ciò portava il peso della Leon TDI WTCC ad un minimo di 1170 kg incluso il pilota. Da sottolineare come, per regolamento del campionato, l’ago della bilancia di una vettura diesel dovesse segnare 30kg di peso minimo in più rispetto alle omologhe a benzina: l’auto spagnola TDI risultava 35 kg più pesante della sorella TFSI, con i tecnici che cercarono di ovviare a tale discrepanza ridistribuendo i pesi e facendo fronte anche all’intercooler e al turbo alloggiati davanti all’assale anteriore che rischiavano di sbilanciare la vettura.

I risultati furono però già buoni e incoraggianti nei test. A detta dei tester Jordi Gené e Yvan Muller la notevole qualità del telaio permetteva di non rallentare troppo in curva, situazione in cui il peso maggiore si traduceva in trasferimenti di carico bruschi e maggior stress per gli pneumatici. Inoltre la coppia motrice al top dava i suoi frutti in uscita di curva e in rettilineo, rendendo la Leon veloce e reattiva al pedale del gas.
Il debutto in campionato avvenne alla 7^ tappa, prevista il 29 Luglio 2007 sul circuito svedese di Anderstorp. Sia Gené che Muller scesero in pista, con il primo che si posizionò 6° in griglia di partenza mentre il compagno si dovette accontentare della 14^ posizione. In Gara 1 i ruoli si invertirono, con il francese 6° al traguardo e lo spagnolo 18°. Il responso di Gara 2 fu invece più amaro, con Muller costretto al ritiro nonostante la partenza dalla 3^ posizione e Gené terminato 24° dopo il 18° posto in griglia.
L’occasione per rifarsi era già nella successiva tappa in Germania del 26 Agosto, che si rivelò storica per il team SEAT Sport e non solo. Se avete già letto il nostro dettagliato report sulla Race of Germany del 2007, saprete infatti che in Gara 1 Yvan Muller e la sua Leon n° 12 si aggiudicarono la 1^ vittoria di una vettura a gasolio nel WTCC.
Nel proseguo della stagione la Leon TDI contribuì al 2° posto nella classifica costruttori per SEAT e al 2° posto anche per Muller nella classifica piloti. Fu però dalla stagione dopo che l’auto spagnola dimostrò di poter entrare di diritto nella storia del Motorsport.

Nella stagione 2008 del WTCC infatti l’accoppiata Muller-Leon TDI si dimostrò costante, collezionando tra gli altri 3 vittorie e 6 podi che portarono all’accoppiata titolo piloti – titolo costruttori, neanche a dirlo i primi per SEAT e per un’auto motorizzata diesel.
Anche il secondo gradino del podio tra i piloti fu appannaggio della berlina catalana, con Gabriele Tarquini che se lo aggiudicò forte di 3 vittorie e 2 podi.
Gloria pure per le altre guide del team: Gené con 1 vittoria e 3 podi, Rickard Rydell con 2 vittorie e 5 podi e Thiago Monteiro con 2 vittorie. Insomma sembrava l’inizio di un’epoca di trionfi.

La stagione 2009 fu però scandita da continui cambi di regolamento, atti a ristabilire la parità tecniche fra le auto, caratteristica storica del WTCC, ormai spazzata via dalla supremazia del turbodiesel ispano-tedesco. Di gara in gara vennero modificate le pressioni del turbo consentite così come il numero massimo di giri per le vetture aspirate. Questa situazione indispettì SEAT che si sentiva svantaggiata in favore dei principali rivali di BMW, i quali correvano con la 320si a benzina.
Nonostante il dominio ottenuto anche quella stagione, con Tarquini campione, Muller “medaglia d’argento” e titolo costruttori in tasca, SEAT Sport decise di ritirarsi in forma ufficiale dal campionato, lasciando le Leon TDI in gestione al team SR Sport.

Pur con investimenti ridotti rispetto al 2009 ma ancora con il supporto tecnico della casa madre SEAT, il team SR Sport portò Tarquini a 5 vittorie in gara e al 2° posto finale nella classifica piloti. Perse però il confronto tra costruttori a favore del team Chevrolet, che da lì in avanti raccolse lo scettro di dominatore della manifestazione.
Nel 2011 la situazione non migliorò per la Leon TDI: passata nelle mani del team Sunred, fu utilizzata solo nelle prime 4 gare della stagione. La vittoria di Tarquini nella Gara 2 del Belgio fu quindi l’ultima, prima della sostituzione con la versione benzina motorizzata 1.6 TFSI.

Breve ma intensa l’avventura della SEAT Leon TDI WTCC, sufficiente però a rimanere nella memoria dei tanti Appassionati di automobilismo sportivo. Restano da narrare ancora alcune pagine di storia del diesel da competizione, seguiteci nel prossimo appuntamento con #RacingFuels per incontrare altri esempi di un primo decennio degli anni 2000 scoppiettante per i motori a gasolio!
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– la Squadra Storie SCL