#CiakSiCorre – The King of Cool

04/07/2017

Chi non conosce Steve McQueen? Leggenda del cinema, la sua figura è legata anche alla sua fama di uomo spericolato, di anti-eroe, che lo hanno eretto a idolo delle folle di diverse generazioni. Oggi non sarà protagonista di un’altra pellicola di successo ma della nuova puntata di #CiakSiCorre, la nostra rubrica dedicata ai divi del cinema che hanno gareggiato su quattro ruote.

The King of Cool, uno dei soprannomi datogli dai fan e dai media, è sempre stato amante dei motori: già da adolescente, a 12 anni, costruisce con un amico un piccolo hot rod dotato di motore Ford. La sua prima auto, una MG TC, arriva invece poco prima che la sua carriera esplodesse. Con le 2 ruote ha le sue prime esperienze nelle competizioni, quando durante i suoi studi di recitazione riesce anche a conquistare diverse coppe nelle manifestazioni tenute nei weekend.
Il legame con l’automobilismo e il motociclismo continua nel cinema, che alimenta la sua fama di scavezzacollo anche grazie alle tante scene da stuntman vissute in prima persona, sia al volante che in sella. Esempio di ciò è “La grande fuga” del 1963, pellicola in cui svolse quasi tutte le scene di azione in moto senza ricorrere ad una controfigura. “Bullit” del 1968 contribuì in modo massiccio a trasformare in culto la Mustang GT Fastback, soprattutto se nella livrea color verde scuro del film.
“Le 24 ore di Le Mans” del 1971 merita un capitolo a parte: non ottenne successo di pubblico, ma l’attore vi mise tutto sé stesso, economicamente e fisicamente (la causa del decesso, un mesotelioma pleurico, probabilmente fu dovuto all’amianto presente nelle tute da pilota che indossava), essendo quasi un’ossessione per lui; i suoi sforzi sono stati ripagati postumi, con il film che è diventato di culto nel genere automobilistico.

Il successo nella carriera da attore gli permette di seguire la sua passione per le gare: grazie ai primi soldi guadagnati con la recitazione, McQueen riesce a permettersi auto sportive con le quali può cimentarsi in alcune corse in California.
Il 13 Aprile 1958 disputa la sua prima gara a Palm Springs, al volante di una Siata 208S. Risale al 30 Maggio 1959 il primo arrivo al traguardo: 11° assoluto e 1° tra i debuttanti a Santa Barbara, con una Porsche 356 Super Speedster. Il 21 Giugno dello stesso anno torna in pista a San Diego con una Porsche 356 Carrera GT (3° posto), mentre nel mese di settembre passa ad una Lotus Eleven, con la quale conquista un 2° e un 4° posto a Santa Barbara e una sesta piazza sul circuito di Del Mar.
Sarà costretto a vendere l’auto a causa delle pressioni della sua casa di produzione, preoccupata di possibili incidenti che avrebbero precluso le riprese de “I magnifici sette”: McQueen riuscirà comunque di nascosto a partecipare a qualche gara, ricevendo anche preziosi consigli di guida dal pilota britannico Stirling Moss.

Agli inizi degli anni ’60 è difficile capire se Steve McQueen fosse un attore o un pilota prestato al cinema: famosa la sua citazione “Racing is life. Anything before or after is just waiting”, ovvero “Correre è la vita. Tutto ciò che vi è prima o dopo è solo attesa”.
Nel 1962 firma infatti un contratto da pilota professionista per correre col team inglese BMC di John Cooper. Il 23 Marzo dello stesso anno partecipa alla 3 Ore di Sebring con una Austin-Healey Sprite, ottenendo un 9° sul bagnato, mentre il giorno dopo prende parte alla 12 Ore di Sebring con una variante più grintosa della sportiva britannica. Viene però costretto al ritiro dopo 7 ore di gara, causa un incidente durante il turno di guida del compagno John Colgate. Il 20 Maggio corre a Savannah con una Porsche 356 Carrera, dedicandosi successivamente al cinema. Torna in abitacolo il 3 Marzo del 1963, cimentandosi con una Formula Vee a Fernandina Beach, per passare a gare di enduro, motocross e raid coi buggy.

Nel 1969 acquista in Francia una Porsche 908 arrivata 33° quell’anno a Le Mans, condotta dallo svizzero Jo Siffert e dal britannico Brian Redman: potrà così prendere confidenza con la vettura e recitare in “Le 24 ore di Le Mans” senza controfigura. Con l’aiuto del pilota statunitense Richie Ginther, McQueen impara a gestire la vettura, dotata di un motore 3.0 a otto cilindri contrapposti da 350 CV, utilizzandola in alcune gare endurance del 1970: il 1° Febbraio vince a Holtville e il 1° Marzo trionfa a Phoenix.
Il 21 Marzo 1970 disputa la 12 Ore di Sebring, nonostante il piede sinistro ingessato in seguito a una frattura in sei punti rimediata in un incidente in moto di due settimane prima. In coppia col pilota professionista Peter Revson, a 2 ore dal termine della gara Steve McQueen è in 3^ posizione. Davanti ci sono solo le più potenti Ferrari 512S Spyder, guidata da Arturo Merzario e Mario Andretti, e Porsche 917K di Siffert, Leo Kinnunen e Pedro Rodríguez. La Ferrari è poco dopo costretta al ritiro, con McQueen e Revson (con il secondo più veloce di 5-6 secondi al giro rispetto all’attore) passano secondi e si ritrovano addirittura al comando dopo il forfait della Porsche 917K. Dietro li segue la Ferrari 512S di Ignazio Giunti e Nino Vaccarella. La fase finale della gara vede Revson al volante della tedesca e Andretti a bordo del Cavallino Rampante. L’italiano, con una guida in modo impeccabile, rimonta e supera Revson, superato però nuovamente dall’americano dopo una sosta ai box per il rifornimento. Nel finale Andretti si riporta in testa e taglia il traguardo con soli 22,1 secondi di vantaggio sul duo Revson-McQueen.
Dopo questa esaltante e appagante esperienza, l’attore americano intende partecipare anche alla 24 Ore di Le Mans del 1970, questa volta insieme a Jackie Stewart e a bordo di una Porsche 917. Nessuna compagnia assicurativa si vuole però prendere la responsabilità di coprire eventuali danni all’attore, tant’è che non solo non può gareggiare, ma gli viene anche impedito di scendere in pista durante le prove del mese di Aprile. Durante la gara del 13 e 14 Giugno, la Porsche 908 di Sebring viene usata come camera car per le riprese di “Le 24 Ore di Le Mans”, col circuito francese noleggiato per i tre mesi successivi per completare il lungometraggio.

Non solo pilota ma anche collezionista, McQueen è stato possessore di oltre 100 modelli di motociclette, mentre la sua collezione di auto annoverava pezzi di grande pregio.
La sua Jaguar XKSS, versione stradale della Jaguar
D-Type da competizione, fu progettata utilizzando i telai incompiuti e gli esemplari inutilizzati della D-Type che era uscita dalle corse nel 1955. La XKSS raggiungeva i 228 km/h e accelerava da 0 a 97 km/h in 5,2 secondi.
Tra il 1972 e il 1980 ha posseduto una Mercedes-Benz W109 300 SEL 6.3: quando venne immessa nel mercato, era considerata la berlina più veloce del mondo e poteva raggiungere i 100 km/h in soli 6,5 secondi.
Tra le Porsche si ricordano le 908, 917, 356 e 911S, mentre tra le Ferrari ha avuto una 512S, una 250 Lusso Berlinetta (venduta all’asta nel 2007 in California per 2,3 milioni di dollari) e una 275 GTB/4. Icona a stelle e strisce come lui, non poteva poi mancare un esemplare di Ford GT 40.
Nonostante tutti questi bolidi, la vettura da tutti i giorni di McQueen era un’altra: una Mini Cooper S marrone del 1961, costruita per lui su misura e modificata, tra le altre cose, con un tettuccio apribile.

Negli stessi anni anche un altro grande attore statunitense si divideva tra cinepresa e volante, creando un dualismo con Steve McQueen nel cuore delle fan dell’epoca. Per sapere di chi stiamo parlando non ti resta che attendere il prossimo appuntamento con #CiakSiCorre, solo qui su Sports Car Legends!
Puoi trovare le altre puntate della rubrica nella sezione dedicata, oppure nella pagina Storie, insieme ad altri interessanti contenuti.
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– la Squadra Storie SCL